La Sentenza su un caso di somministrazione di lavoro della Corte di Giustizia Europea dell’11.4.2013 C-290/12.

La sentenza dell’11.04.2013 dell’ottava sezione della Corte di Giustizia Europea sul caso di somministrazione in giudizio presso il Tribunale di Napoli ripropone in modo molto incisivo la diatriba dottrinale , ma soprattutto giudiziaria, dell’assimilazione del rapporto di lavoro tramite agenzia a quello a tempo determinato.
 
Ad onor del vero vi sono stati alcuni pronunciamenti giudiziari italiani circa il diverso trattamento tra somministrazione e rapporto a termine, dovuto alla diversa fonte istitutiva. Né da ultimo si può dimenticare la ratio del Ministero del Lavoro espressa sia con la Circolare 18/2012 e con Interpello 32/2012: ratio che ha portato il Ministero a dichiarare che non bisogna fare alcuna confusione tra somministrazione e rapporto di lavoro a termine nel caso ben noto del tetto dei 36 mesi, stante le diverse fonti comunitarie.
 
Ma la sentenza di che trattasi è molto più icastica nel dichiarare che la disciplina del lavoro interinale non trova applicazione con quella del rapporto a tempo determinato.
Questo perché, come è noto, a livello diritto dell’ Unione Europea abbiamo due ben distinte Direttive che si occupano di lavoro a termine e di lavoro mediante agenzia interinale.
 
Le Direttive sono rispettivamente:
a) la 70 del 1999
b) la 104/2008
Quest’ultima direttiva è stata recepita nel ns. ordinamento, in modo in vero ristretto, con il D.Lgs 24/2012.
E comunque le Direttive indicano in modo chiaro il proprio campo di applicazione; quella riferita al lavoro a termine precisa che intende fornire indirizzi solo sui rapporti a tempo determinato, giacchè per il lavoro temporaneo mediante agenzia si deve fare ricorso ad altra fonte.
 
Ed infatti la normativa dell’Unione per la Direttiva 70 prevede la conversione dei contratti a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato nei casi di non rispetto delle norme date per prevenire abusi: es: rinnovi e/o presecuzioni senza regola e limiti, assenza di cause obbiettive al ricorso,etc.
 
Come detto la disciplina dei rapporti mediante agenzia interinale non troverebbe limitazioni in base alla Direttiva 104 del 2008, fatti salvi i principi di parità di trattamento, formazione ed accesso all’occupazione, rappresentanze sindacali, diritti di informazione sindacale: scopo, tra gli altri , di tale Direttiva è quello di ridurre divieti e limitazioni all’utilizzo dello lavoro mediante agenzia
interinale. Tutto questo perché la Direttiva 104, come è stato detto, si preccupa di promuovere il lavoro somministrato per agevolare l’inserimento lavorativo in senso lato.
 
Il caso affrontato dalla Giustizia Europea.
E’ riferito a lavoratore interinale che aveva contestato mediante ricorso presso il Tribunale di Napoli la liceità dei diversi rapporti avuti con un’agenzia per il lavoro presso l’utilizzatore.
La parte attrice ha ritenuto che i motivi indicati dall’utilizzatore fossero generici e insussistenti (ed anche le proroghe); le parti convenute rispondevano invece che le ragioni fossero sufficientemente indicate ed esistenti e che, la reiterazione dei contratti di lavoro non era soggetta a limiti normativi.
 
Il Tribunale di Napoli ha sospeso il giudizio chiedendo alla Corte di Giustizia di interpretare le clausole 2 e 5 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (18 marzo 1999), che compare in allegato alla direttiva 1999/70/CE.
 
Nella decisione di rinvio il GL indica che dall’art. 22, D.Lgs n. 276/03 emerge che la legislazione nazionale non pone limitazioni alla reiterazione di contratti di lavoro a termine per le agenzie di lavoro interinale.
Il D.Lgs. n. 368/01 dispone che la causalità del contratto e della sua proroga siano riferite alle esigenze effettive del datore di lavoro, mentre il D.Lgs. n. 276/03 consente la conclusione di contratti di lavoro a termine in presenza di contratti di somministrazione con un utilizzatore. Il contratto con l’utilizzatore deve essere giustificato da esigenze tecniche, organizzative o produttive, come previsto dal D.lgs. 276/2003.
 
Il Tribunale di Napoli chiede se il rapporto di lavoro tra l’agenzia di lavoro interinale e il lavoratore interinale (o quello tra quest’ultimo e l’impresa utilizzatrice) rientrino nell’ambito di applicazione dell’Accordo quadro del 1999.
Se fosse applicabile l’Accordo quadro - secondo il Giudice del rinvio - in assenza di altre misure ostative, le ragioni riguardanti le esigenze tecniche, organizzative o produttive che hanno giustificato la conclusione di un contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato – le quali sono proprie non dell’agenzia interinale, ma dell’impresa utilizzatrice, e sono slegate dallo specifico rapporto di lavoro – costituiscano un motivo sufficiente per giustificare la conclusione di un contratto di lavoro a tempo determinato tra il lavoratore interinale e l’agenzia di lavoro interinale, nonché la sua proroga.
 
La posizione della Corte di Giustizia.
La Corte di Giustizia sottolinea che il caso rientra nella disciplina della Direttiva 104 del 2008, pur con la precisazione che la direttiva medesima (che è stata recepita con D.Lgs 24 solo nel 2012) non è applicabile per il caso di che trattasi in quanto i rapporti del ricorrente sono anteriori.
 
Pertanto le richieste del GL Italiano ineriscono solo dell’Accordo quadro sul lavoro a termine.
La Corte di Giustizia risponde al Tribunale di Napoli con diniego della possibilità di applicare sia l’Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato di cui alla direttiva 1999/70/CE, sia l’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, che compare in allegato a tale direttiva. Tali normative non trovano applicazione né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra un lavoratore interinale e un’agenzia di lavoro interinale né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra tale lavoratore e un’impresa utilizzatrice.
In Italia, come sappiamo, vi è stata e vi è una lunga tradizione di assimilazione del rapporto di lavoro mediante agenzia interinale a quello del rapporto a tempo determinato e spesso non si è fatto mai una distinzione accurata delle diverse fonti dell’unione.
Ciòrisulta vero non solo per gli esiti della via giudiziaria, ma anche per fonte di diritto interno.
 
Mentre l’Unione Europea intende evitare paletti e discriminazioni verso il lavoro mediante agenzia, il legislatore italiano ha posto vincoli forti e sanzioni che ne limitano di fatto una maggiore diffusione nel rispetto, comunque, di un quadro normativo.
 
Ma da questa impostazione normativa si è poi sviluppata una prevalente posizione della magistratura che ha sanzionato gli utilizzatori non solo per difetti di motivazioni particolareggiate ed articolate nei contratti commerciali di somministrazione, ma anche per c.d. vizi del rapporto interno tra agenzia e lavoratore interinale.
Tale situazione di fatto scoraggia comportamenti tendenti ad un maggiore utilizzo.
 
Sicuramente tale sentenza dovrà far riflettere.
 
Michele Regina ,Cdl

Per fornirti il miglior servizio possibile il nostro sito impiega Cookie tecnici ed analitici. Proseguendo nella navigazione oltre il seguente banner, anche rimanendo in questa pagina, viene espresso il consenso al loro impiego. Per avere ulteriori informazioni a riguardo e per disabilitare l'utilizzo dei Cookie da parte del nostro sito è possibile prendere visione della nostra Cookie Policy Cookie Policy